Il 22 ed il 23 settembre si è svolta l’Assemblea Generale 2023 di Federmeccanica dal titolo MECH IN ITALY. Un format innovativo, a Roncade (TV), presso H-FARM, per approfondire tematiche economiche e politiche di ampio respiro – tra cui cultura industriale e valore del lavoro, geopolitica e globalizzazione, sostenibilità e transizione ecologica, principali trend tecnologici e ruolo delle nuove generazioni – che, tutte insieme, definiscono le strategie competitive e le sfide di quello che può essere considerato il settore d’elezione del “Made in Italy”: la Meccanica e la Meccatronica Italiana.
Federmeccanica settore d’elezione
Meccanica e Meccatronica producono infatti il 100% dei beni di investimento che, trasferiti al resto dell’industria, determinano una contaminazione creativa in ogni ambito produttivo, dell’economia e della società civile. Se circa il 50% dell’export italiano proviene dalla nostra Industria, tuttavia soltanto il 3% della popolazione pensa alla metalmeccanica/meccatronica quando si parla di Made In Italy.
L’Assemblea di Federmeccanica ha visto gli interventi di: Stefano Massini (scrittore e narratore); Dario Fabbri (analista geopolitico); Federico Visentin (Presidente di Federmeccanica); Leopoldo Destro (Presidente di Confindustria Veneto Est); Giancarlo Giorgetti (Ministro dell’Economia e delle Finanze); Marina Calderone (Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali); Marco Frey (Professore di Economia e gestione delle imprese presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa); Pierroberto Folgiero (Amministratore Delegato di Fincantieri); Manuela Soffientini (Presidente di Electrolux Italia); Roberto Cingolani (Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo). Le conclusioni sono state affidate al Presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
Alzare l’asticella della sostenibilità e della competitività
«È ormai di grande attualità il tema della sostenibilità che sta diventando l’obiettivo primario degli Stati ed anche delle grandi economie», ha dichiarato il presidente di Federmeccanica Federico Visentin. «Non si tratta più soltanto di una questione politica, ma anche economica ed i più grandi operatori internazionali hanno messo nelle loro agende le tematiche ESG (Environment Social Governance), al fine di realizzare un cambio di paradigma globale compreso il lavoro ed il modo di fare impresa. Non c’è dubbio che le dimensioni dell’ESG sono funzionali a realizzare, e a consolidare, un’idea di impresa e di lavoro sostenibile. È anche di tutta evidenza che essere all’avanguardia su questi temi fornisce alle imprese un vantaggio competitivo.»
«Il prossimo anno ci attende un importante confronto in vista della scadenza del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – continua Visentin – Poniamoci l’obiettivo di realizzare un CCNL ESG. L’idea di fondo è che l’adempimento della norma contrattuale diventi esso stesso un’azione utile per realizzare standard qualificati ai fini ESG. Nel nostro Contratto Nazionale esistono già solide basi, dal welfare alla formazione, alle tematiche di genere, alla sicurezza sul lavoro, fino alle nuove tipologie organizzative previste dalla riforma dell’inquadramento ed alle forme di partecipazione. Ci sono, allo stesso tempo, margini per un ulteriore sviluppo, sia sotto il profilo formale, dando cioè alle attuali disposizioni una veste rispondente ai parametri di certificazione ESG, sia sotto il profilo sostanziale, individuando altre azioni e nuovi ambiti che possano consentire di rafforzare, migliorandolo, l’impianto esistente con un’impronta ESG ancora più marcata. Nel CCNL ESG potrebbero essere contemplati ulteriori strumenti da calare a livello aziendale per alzare l’asticella della sostenibilità e della competitività, e potrebbero essere incluse linee guida utili per orientare le imprese ed i collaboratori. Inizieremo fin da subito a lavorare con il supporto di autorevoli esperti anche accademici e degli operatori impegnati nel campo ESG, per arrivare pronti all’appuntamento contrattuale con idee e proposte che, siamo certi, potranno consentire alla meccanica italiana, alle imprese ed ai collaboratori di continuare ad essere un riferimento assoluto nel panorama industriale.»
Un Patto Mech In Italy per la Produttività
Il Presidente di Federmeccanica, ha inoltre introdotto la proposta di un Patto Mech In Italy per la Produttività attraverso la realizzazione di 5 grandi progetti strategici di rilievo nazionale focalizzati su:
- Generazione di manodopera e mentedopera qualificata
Dalla nostra ultima indagine emerge che il 70% delle imprese intervistate non riesce a reperire sul mercato profili con le professionalità richieste dalle aziende. Occorre partire dall’orientamento, prevedere nelle scuole una certa quantità di ore di studio della metodologia laboratoriale. Questo consentirebbe l’utilizzo sistemico di un metodo nuovo, funzionale all’innovazione in ogni ambito. Non esiste soltanto al mis-match qualitativo sulle competenze, ma anche uno squilibrio quantitativo tra domanda e offerta di lavoro, legato ai fattori demografici.
La gestione dei flussi immigratori diventa pertanto centrale e deve contemplare un pieno allineamento con le esigenze del mondo produttivo, sia in termini quantitativi che qualitativi. prestare particolare attenzione alle competenze prevedendo anche adeguati percorsi formativi, che peraltro possono essere molto funzionali ad una più veloce integrazione. L’altro filone da seguire è l’occupazione femminile. C’è un divario di quasi venti punti percentuali tra il tasso di occupazione maschile (73,5%) e quello femminile (54,7%). Favorire l’accesso delle donne al mercato del lavoro significa mettere in campo azioni di sistema a tutto tondo, dall’orientamento scolastico verso gli istituti con maggiori sbocchi lavorativi, alla creazione delle condizioni di contorno che agevolino l’occupazione femminile, come ad esempio un migliore bilanciamento vita privata – lavoro.
- Attivazione di politiche utili a favorire la crescita delle imprese industriali
Nel 1981 le imprese italiane metalmeccaniche con meno di 50 dipendenti erano l’86,4% del totale, nel 2020 siamo arrivati al 95,4%. Nello stesso arco temporale si è passati dal 2,5% di aziende con più di 250 dipendenti allo 0,6%. Puntare sulla crescita delle imprese non significa che tutte le imprese debbano diventare grandi. Non è una questione solo dimensionale, che riguarderebbe alcuni, ma strutturale e questa dovrebbe riguardare tutti. Dobbiamo avere organizzazioni aziendali avanzate grazie all’adozione di nuovi e moderni modelli di business. Ciò significa uscire dal circolo vizioso che troppo spesso ci vede imbrigliati nelle catene globali del valore come contoterzisti di grandi gruppi multinazionali, determinando una sostanziale compressione dei profitti e limitando così le possibilità di sviluppo. Lo Stato ha la possibilità di attivare le leve giuste, ad esempio attraverso Cassa Depositi e Prestiti, che può e deve diventare un volano di crescita, sostenendo i programmi delle imprese orientati in tale direzione. La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe anche intervenire, fornendo le necessarie garanzie, per sostenere investimenti nell’economia reale realizzati dal Fondo di Previdenza Complementare Cometa, se finalizzati alla crescita delle imprese metalmeccaniche/meccatroniche italiane.
- Migliorare la profittabilità delle imprese e a favorire la redistribuzione
Il costo del lavoro continua ad essere troppo elevato, avendo un’incidenza media superiore al 60% sul valore aggiunto. Allo stesso tempo siamo consapevoli che le professionalità vanno riconosciute e valorizzate. Il taglio del cuneo fiscale deve essere strutturale, esteso a tutti i lavoratori e prevedere forme di decontribuzione per le imprese senza impatti negativi sulle pensioni. Per essere più competitivi occorre aumentare la produttività della nostra Industria ed incentivarla. I premi di produttività, e la partecipazione ai risultati aziendali, dovrebbero beneficiare di forme di detassazione – e decontribuzione – snelle, chiare e non essere legate a fattori, come l’incrementalità, che non rispecchiano le dinamiche di mercato. Il limite esistente di 250 euro circa per beneficiare della detassazione e decontribuzione sul welfare aziendale è stato portato a 3.000 euro, ma soltanto per i lavoratori con figli a carico. Sarebbe stato meglio prevedere un limite più alto rispetto all’attuale anche inferiore ai tremila euro, ad esempio pari a 1.000 euro, però esteso a tutti i collaboratori. Correggere il tiro gioverebbe anche la contrattazione. È inoltre doveroso parificare il trattamento fiscale e contributivo di queste forme di welfare ai flexible benefits, togliendo la contribuzione al 10% attualmente prevista per l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare. Dal Welfare alla Formazione. Grazie a MetApprendo, è ora possibile certificare la formazione con la tecnologia blockchain, garantendo trasparenza, autorevolezza e non ripudiabilità del dato. L’utilizzo su larga scala del dossier formativo digitale darebbe un grande impulso all’occupabilità delle persone e va quindi incentivato, ad esempio, prevedendo la decontribuzione delle ore di formazione certificate.
- Promozione del lavoro, il merito e le professioni industriali
Esiste e resiste ancora la percezione che le Fabbriche siano luoghi dove si svolgono lavori pesanti, all’interno di ambienti non accoglienti. La realtà è invece fatta di mestieri ad alto contenuto professionale e di un costante impegno nelle Aziende per migliorare le condizioni di lavoro. Proprio in questa Assemblea della Federmeccanica lanceremo una Campagna Culturale che abbiamo chiamato Generazione Meccatronica. Ci rivolgeremo ai giovani ed alla società civile per far comprendere il valore e per far conoscere i valori di un’Industria profondamente cambiata rispetto ai canoni della Fabbrica Fordista. Una manifattura che alcuni ancora vedono con le lenti del passato, ma che guarda avanti proiettandosi verso il futuro.
- Sostegno diretto e indiretto all’innovazione della manifattura
La Commissione Europea colloca l’Italia tra gli innovatori moderati, non tra gli innovatori forti e men che meno tra i leader dell’innovazione. L’Invented In Italy deve affondare le proprie radici in politiche industriali che puntino sulla ricerca e sviluppo, elemento questo determinante anche per una duratura tutela dell’occupazione e della produzione italiana di qualità. Gli interventi finora messi in campo non sono stati sufficienti, e in diversi casi si sono rivelati poco efficaci. Una recente indagine di Federmeccanica rileva che il 57% delle imprese intervistate non ha usufruito degli incentivi per la spesa in ricerca e sviluppo a causa della non rispondenza alle esigenze aziendali, mentre le difficoltà burocratiche nella fase d’accesso sono state segnalate nel 19% dei casi. Le imprese vanno pertanto ascoltate di più per definire forme di supporto adeguate e semplici, senza quei lacci e lacciuoli che imbrigliano ciò che invece deve essere liberato, l’ingegno italiano. Fino ad oggi questo non è avvenuto pienamente, anzi troppo spesso ci sono stati problemi piccoli e grandi, che sono diventati ostacoli difficilmente sormontabili, rallentando così un processo che doveva invece essere accelerato. «Ogni manovra deve essere funzionale ad una svolta per la produttività del nostro apparato industriale – aggiunge Visentin -, invertendo una tendenza che da troppo tempo è stata penalizzante. Il problema della produttività va risolto con un’azione di Sistema che coinvolga inevitabilmente le imprese e l’assetto istituzionale. È giunto il momento di fare un passo deciso, con un Patto per la Produttività. Un passo da fare insieme, un Patto che veda impegnati tutti coloro che possono dare un contributo, dai corpi intermedi alle istituzioni, per realizzare cinque grandi progetti strategici di rilievo nazionale».
E’ stato inoltre affrontato, nel corso dell’Assemblea Generale il problema legato al rilevante scostamento registrato quest’anno tra le previsioni fatte dall’ISTAT sull’inflazione – IPCA al netto degli energetici importanti – ed il dato a consuntivo. «Per effetto del meccanismo ex post del nostro CCNL sono stati riconosciuti incrementi molto elevati legati all’andamento dell’inflazione” conclude Visentin, “andando ben oltre non solo a quanto previsto dal Contratto Nazionale, ma anche a quanto previsto dall’ISTAT. Serve un’azione immediata volta a rimettere in circolo a favore delle imprese l’extragettito derivante da quanto erogato in più rispetto alla previsione originaria del CCNL, oppure, almeno, rispetto all’importo corrispondente alla previsione fatta dall’ISTAT. Per esempio, attraverso la decontribuzione degli incrementi salariali che sono stati riconosciuti».
Maria Chiara Di Carlo