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    Posizione Primo Piano

    Le pile al litio possono essere recuperate

    Di Massimiliano Cassinelli21/10/2019Lettura 4 Min
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    Al via le attività dimostrative del progetto LIBAT per il trattamento di pile litio, i cui componenti vengono recuperati al 50%

    Durante gli ultimi decenni l’ampia diffusione di dispositivi elettronici portatili ha determinato la produzione di ingenti quantitativi di batterie a fine vita. Questi rifiuti tecnologici costituiscono un problema ambientale per l’elevato contenuto di metalli inquinanti (Co, Mn, Cd, Ni, Pb) che al tempo stesso rappresentano una potenziale risorsa di materie prime secondarie, ovvero materie prime ottenute dal trattamento dei rifiuti.

    La Direttiva Europea relativa al trattamento di batterie e accumulatori a fine vita (2006/66) incentiva lo sviluppo di processi innovativi in grado di raggiungere specifici target di riciclo: ad esempio le batterie che non contengono piombo e cadmio devono essere trattate con processi che garantiscano un riciclo del 50% ovvero data una tonnellata di pile da smaltire bisogna recuperare minimo 500 Kg di materiali come metalli o plastiche da reimpiegarsi in processi produttivi.

    Bassa temperatura, alta efficienza

    La raccolta delle batterie a fine vita include una serie di tipologie che contengono differenti metalli d’interesse: ad esempio le batterie alcaline (le usa e getta più utilizzate) contengono manganese e zinco, le batterie litio ione (ricaricabili usate nei dispositivi elettronici portatili tipo smartphone, tablet, PC e nei veicoli elettrici) contengono cobalto e litio, le litio primarie (non ricaricabili utilizzate in fotocamere, orologi e giocattoli) contengono manganese e litio.

    Allo stato attuale le batterie a fine vita sono trattate in processi pirometallurgici ad alta temperatura che consentono il recupero solo di alcune componenti metalliche (come ad esempio cobalto e nichel), mentre altri metalli (come il litio) e i non metalli (grafite, carta e plastica) non sono recuperabili.

    I processi pirometallurgici sono inoltre caratterizzati da ingenti impatti ambientali dovuti ai consumi energetici, la produzione di CO2 e il rilascio di gas inquinanti.

    Processi innovativi a bassa temperatura in acqua (detti idrometallurgici) costituiscono un’alternativa in fase di sviluppo che consente il recupero integrale di materia (tutti i metalli e i non metalli come carta, plastica e grafite) con ridotti impatti ambientali.

    La validazione in scala pilota ha evidenziato la fattibilità tecnica dei processi idrometallurgici per la valorizzazione di batterie a fine vita di differenti tipologie. Molte sfide rimangono tuttavia aperte a causa dell’elevata eterogeneità dei rifiuti (legata anche alla evoluzione tecnologica dei prodotti) e dei ridotti volumi di raccolta che limitano la potenzialità di impianti dedicati e quindi la relativa sostenibilità economica.

    Le attività di validazione in scala pilota di processi innovativi costituiscono in questo contesto un passaggio fondamentale nello sviluppo di processo.

    In Lombardia il primo impianto idrometallurgico

    Nel progetto LIFELIBAT (LIFE16 ENV/IT/000389) cofinanziato dalla Comunità Europea nell’ambito della call LIFE 16, un processo idrometallurgico innovativo per il trattamento di batterie litio primarie sarà validato in scala pilota.

    Il coordinatore del progetto è la Eco Recycling, spin off dedicato al trasferimento tecnologico che ha sviluppato il progetto ingegneristico dell’impianto pilota. La costruzione dell’impianto è stata effettuata presso lo stabilimento di Colico della SEVal, società leader nel trattamento di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, e batterie a fine vita. Il processo è stato ideato dai ricercatori del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza nell’ottica del recupero integrale di tutte le componenti valorizzabili presenti nelle batterie litio primarie: acciaio, manganese, litio e grafite.

    Il processo include operazioni di trattamento fisico in condizioni controllate per liberare i componenti metallici (acciaio) e operazioni chimiche per l’estrazione e il recupero di litio, manganese e grafite.

    Vantaggi economici e ambientali

    Le batterie litio primarie sono una tipologia particolarmente ostica da trattare in quanto contengono litio nella forma metallica altamente reattivo che a contatto con l’aria può innescare la combustione dei solventi infiammabili presenti nelle batterie stesse. Al momento non esistono impianti in Italia che effettuano il trattamento di questa tipologie di batterie, esportate oltralpe e trattate con processi pirometallurgici.

    Si tratta quindi di una sfida con importanti ripercussioni sia economiche che ambientali. L’obiettivo del progetto è infatti valutare la fattibilità tecnica ed economica del processo meccanico ed idrometallurgico per il trattamento di pile litio primarie. Ma non solo. Infatti le operazioni utilizzate e le apparecchiature costruite sono state progettate in modo da poter essere utilizzate anche per il trattamento di batterie tipo litio ione, utilizzate in tutti i dispositivi elettronici portatili e tecnologia di accumulo d’elezione nel settore dei veicoli elettrici con potenziale enorme futura espansione.

    Gli impatti sia economici che ambientali saranno valutati a valle della campagna dimostrativa sul pilota che prevede l’utilizzo di batterie litio primarie e litio ione, l’ottenimento di lotti di prodotti in condizioni ottimizzate da far valutare sul mercato, l’elaborazione di una analisi del ciclo di vita per la quantificazione del vantaggio ambientale.

    Il progetto e le attività in esso previste si pone quindi come passo fondamentale nella rotta tratteggiata dall’Unione Europea per lo sviluppo di sistemi di approvvigionamento intra EU di materie prime per il comparto dell’accumulo di energia.

    ambiente batterie inquinamento progetto riciclo Seval
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    Massimiliano Cassinelli

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