Nel B2B, il processo d’acquisto è raramente impulsivo ma sviluppa attraverso fasi ben precise, che coinvolgono più interlocutori e richiede tempo. Ma soprattutto, si fonda su un’esigenza concreta: trovare una soluzione affidabile a un problema reale. È in questo contesto che entra in gioco la Buyer Journey, da utilizzare come strumento operativo per guidare le strategie di comunicazione, la lead generation B2B e di conseguenza le strategie di marketing e vendita.
La Buyer Journey nel B2B: un ecosistema decisionale
Chi lavora nel B2B non deve pensare che l’acquirente percorra un sentiero ordinato, dal bisogno alla firma del contratto, è illusorio. La realtà è fatta di ritorni, rallentamenti, accelerazioni improvvise, confronti interni, ostacoli burocratici, e-mail perse, riunioni rinviate.
L’azienda non compra, decide di comprare. E per decidere, si affida a più figure: responsabili tecnici, buyer, C-level, IT manager; ognuno con la propria sensibilità e il proprio metro di valutazione.
Per questo, strutturare una Buyer Journey efficace nel B2B significa innanzitutto riconoscere che il cliente non è uno solo, ma un insieme di attori con esigenze diverse e priorità che si intrecciano. C’è chi cerca prove concrete di affidabilità, chi guarda ai numeri, chi teme i rischi e chi pensa all’integrazione con processi già in atto.
Le fasi fondamentali: consapevolezza, considerazione, decisione
In linea generale, la Buyer Journey nel B2B si articola in tre macro-fasi. Ma ciascuna, per essere utile operativamente, va interpretata in modo aderente alla propria realtà aziendale.
1.Consapevolezza
È il momento in cui l’interlocutore si rende conto di avere un problema o un’esigenza latente. Non cerca ancora un fornitore. Sta cercando di capire cosa non funziona, cosa potrebbe fare meglio, quali soluzioni esistono. Qui entrano in gioco contenuti di tipo educativo, white paper, webinar, articoli che aiutino a nominare il problema prima ancora che a risolverlo. Non è il momento delle brochure o delle demo, ma della credibilità tecnica e culturale.
2.Considerazione (Consideration)
Ora l’interlocutore ha definito il problema e valuta le possibili soluzioni. Vuole confronti, vuole capire come funziona un determinato approccio, desidera casi studio e analisi comparative. È in questa fase che si gioca gran parte della fiducia: bisogna mostrare competenza, esperienza e apertura al confronto. La comunicazione deve essere trasparente, concreta, utile, capace di mostrare – senza forzare – il proprio valore differenziale.
3.Decisione (Decision)
Quando il potenziale cliente è pronto a decidere, il contenuto deve facilitare la scelta e ridurre il rischio percepito. Qui servono demo, testimonianze, prove gratuite, incontri dedicati. Ogni elemento deve essere orientato a rispondere alle ultime domande: “È l’azienda giusta? È affidabile? Saranno disponibili anche dopo la firma?”. Non è il momento di sorprendere, ma di confermare le promesse fatte lungo il percorso.
Come strutturare una Buyer Journey che funzioni davvero
Un errore comune è pensare che basti mappare le fasi su un foglio Excel per avere la Buyer Journey pronta all’uso. In realtà, serve un lavoro di ascolto, confronto interno e analisi.
Ecco alcuni passaggi operativi che possono aiutare a creare la giusta Buyer Journey:
1. Intervistare i clienti attuali e i commerciali
Non bisogna chiedere solo “come ci avete conosciuto”, si deve capire come hanno vissuto il processo d’acquisto: quali dubbi avevano, a chi hanno chiesto consiglio, cosa li ha rassicurati, cosa ha fatto scattare la decisione. I commerciali, da parte loro, possono restituire insight preziosi sulle obiezioni più frequenti, sui tempi medi delle trattative, su cosa fa davvero la differenza nel momento clou.
2. Segmentare i decisori
Chi partecipa al processo d’acquisto? E con quali priorità? Un IT manager non ragiona come un CFO. Per questo, una Buyer Journey B2B efficace prevede la costruzione di contenuti differenziati per ciascun ruolo coinvolto. Parlare a tutti con lo stesso tono e gli stessi argomenti significa, nei fatti, non parlare a nessuno.
3. Costruire contenuti modulari, non lineari
La vera Buyer Journey non è una sequenza rigida, ma un archivio di contenuti pronti a essere attivati nel momento giusto. La chiave è l’accessibilità e la pertinenza, in quanto i contenuti devono essere riconoscibili, catalogati in base alla fase e al tipo di destinatario, integrati in una logica di nurture e marketing automation, se possibile. Ma anche senza strumenti complessi, ciò che conta è la disponibilità ad accompagnare e non forzare.
4. Misurare e adattare
Strutturare una Buyer Journey non è un progetto che si chiude. È un processo che evolve. Cambiano i mercati, cambiano le priorità dei clienti, cambiano le modalità di informarsi. Serve una routine interna di verifica: quali contenuti funzionano, quali sono ignorati, dove si interrompono i percorsi. Chi lavora nel marketing B2B deve saper leggere questi segnali e adattare le proprie scelte con lucidità, non per rincorrere la moda, ma per restare davvero rilevanti.
Se ben costruita, la Buyer Journey permette di capire e sapere a che punto si trova un lead, quali contenuti inviargli, quali domande fargli, per riuscire a rendere così ogni interazione più mirata, meno invasiva e più efficace.